giovedì 25 ottobre 2012

Recensione: Luke Cage Noir, conclusione di tutto

Nebbia.
Lentamente, un uomo avanza nell'oscurità. Il suo passo è costante. Ogni volta che il piede tocca terra, una pozzanghera trema. Pure se lui è a Torino e la pozzanghera a New York, ma qui entra tipo in gioco la teoria del caos e a nessuno importa quindi lasciamperderecheèmegliook.
Un mese. Un mese intero di attesa per questo "Luke Cage Noir", volume conclusivo della Marvel Noir, sia da noi che in America. Su internet non ci sono recensioni, opinioni o roba varia: sembra quasi che nessuno se lo sia cagato. Per questo motivo ci tengo a fare bene questa recensione, nei limiti dell'umanità e dello spoiler divino: per poter dire qualcosa totalmente privo di influenze esterne. Non ho letto articoli su questo fumetto, non conosco nessuno che l'abbia letto. Sono solo io contro di lui.
Iniziamo.
Luke Cage è un eroe di colore della Marvel, il primo ad avere avuto una testata sua, facendo guadagnare alla casa delle idee una buona fetta di pubblico in cerca di un eroe con cui identificarsi totalmente.
Ad essere onesti, quando penso a lui non posso non pensare anche a Daniel Rand, ovvero Pugno d'acciaio, in quanto in coppia formano "gli eroi in vendita". Semplicemente, si fanno pagare per fare azioni eroiche.
Il mio dubbio iniziale riguardo a questo fumetto, era principalmente come avrebbero reso i poteri di Luke. Mi  spiego meglio: il suo potere è avere la pelle invulnerabile e una super-forza in grado di competere con altri eroi, sebbene non raggiunga i livelli di Hulk o della Cosa. Da questo punto di vista, la storia rende bene il tutto: Luke picchia la gente, non è potentissimo ma picchia comunque come un treno, e la sua pelle invulnerabile è, come al solito, resa tramite un piccolo giochetto di trama sullo stile degli X-men. Fin qui, quindi, tutto bene.
La storia: Luke esce di prigione dopo dieci anni. Incastrato per aver picchiato un poliziotto (POLIZIA CORROTTA HA FATTO BENE HUE HUE), trova una Harlem totalmente diversa da come l'aveva lasciata, in balia dei malviventi e degli spacciatori. Inoltre, sarà ingaggiato da un tipo bianco (specifico perchè un uomo bianco in quartiere di colore, dice la storia, a quei tempi era stranerrimo) che gli chiederà di trovare l'assassino di sua moglie. Devo essere onesto: dopo aver letto tutti i noir, la storia non mi ha impressionato particolarmente per colpi di scena o complessità. Lineare, si lascia leggere senza troppe incomprensioni e alla fine spiega tutto (a parte un errore assurdo, tipo che in una scena il cadavere di una donna è nudo e in un flashback riguardante la stessa scena è bello che vestito), a differenza di molti noir che lasciavano interrogativi apertissimi e, temo, senza spiegazione fino alla fine dei tempi (coff coff....Wolverine....).
I disegni sono buoni, sebbene mi ricordino un po' troppo quelli di Punisher Noir (che, ricordo, mi  aveva abbastanza deluso da quel punto di vista), i colori sono ben utilizzati (la scena in cui scoppia una cisterna d'acqua mi ha colpito particolarmente per l'utilizzo del blu e del nero, non so come mai) e i dialoghi sono interessanti, senza risultare eccessivamente pesanti (di nuovo: X-men Noir).
Quello su cui vorrei soffermarmi, è il finale. Il finale, cazzo. Il finale si dilunga in un discorso sull'importanza delle leggende, sulla figura degli eroi nell'immaginario collettivo, e su ciò che Luke vuole rappresentare per gli abitanti di Harlem: un simbolo di riscatto. Davvero, in quest'ultima parte ho sentito echi sia di "V per vendetta" che di Devil: "V" per quanto riguarda il concetto di "le idee sono a prova di proiettile", Devil per il ruolo da eroe di quartiere che il Power Man (ndr: il nome con cui si faceva chiamare Cage) rappresenta.
Romantico. Questo finale, con i suoi riferimenti e il suo messaggio, è romantico. Si ricorda con piacere, con commozione. Ispira per la purezza che rappresenta, per le verità che trasmette. Ah, specifico: non è il primo a dire queste cose, eh, però non me lo aspettavo da un "What if?" di questo tipo.
Mano sul cuore, è da leggere. Il canto del cigno del progetto Noir non poteva essere più bello e rappresentativo, sebbene affidato a un personaggio tutto sommato secondario.
Stranamente, sono riuscito a dire tutto ciò che volevo dire, concludendo definitivamente il discorso su questa serie, sulla quale ho già espresso un parere generale.
Nei prossimi articoli, in teoria parlerò del secondo numero di "Pantera Nera: l'uomo senza paura" e dei primi sei numeri della Justice League, memoria permettendo. 
Grazie di avere letto fin qui, un saluto a tutti!
Excelsior!

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.